PREFAZIONE PICCOLO PRINCIPE
FABIO MARZOLLA
C'è un momento in cui ci viene chiesto di attraversare il deserto. Non vorremmo, ma non ci sono alternative. Quando, finalmente, decidiamo di metterci in marcia, è il cammino stesso che ci apre alla comprensione.
 
La fanciullezza è la porta per penetrare in un "oltre" impercettibile dove l'eternità si può trovare nelle piccole cose. Come nel canto della mamma che arriva dal piano di sotto fino alla stanza da letto dove i piccoli stentano a prender sonno: una voce che è la risonanza di un'immensa festa dei cuori. O nel rumore della piccola stufa da camera che di notte si sente ronfare serenamente mentre la sua fiammella proietta sul muro delle belle ombre.
Sì, nella piccolezza si nasconde l'infinitamente grande.
 
La paura della morte è l'altra faccia della speranza della vita. Dove non c'è desiderio né speranza non può esserci nemmeno timore. Ed è questo che spinge il piccolo principe a sfidare la morte, usandola come strumento di passaggio a una condizione nuova e, al contempo, come presupposto per il ritorno a casa.
 
"La preghiera è fertile nella misura in cui Dio non risponde", perché è nel silenzio che il ramo trova la sua radice e il labbro la sua mammella. Nei momenti di pericolo o di paura diciamo: "Signore, prendimi tra le tue braccia, trattienimi, stringimi". Se però lo trovassimo una volta per tutte ci fonderemmo in Lui e non ci sarebbe più necessità di crescere e di divenire.
 
Saint-Exupéry fatica a convincere gli editori della fiaba. "Gli ho dimostrato che hanno torto: i bambini accettano tutto ciò che è naturale. Nessun bambino si sentirà sconvolto dalla partenza del piccolo principe". Certo, tutta la storia è venata di malinconia. Il piccolo principe, benché sereno, non sorride mai. Come potrebbe? Il suo "papà" è un profugo nel mezzo di un terribile conflitto mondiale e l'intera umanità è avvolta in un'angoscia straziante. L'ometto, in compenso, affronta con coraggio la sorte. Bisogna sacrificarsi per restare fedeli all'amore di cui si è responsabili. L'amore del pianeta che ha lasciato e della rosa rimasta lassù da sola, nel caso del protagonista della favola; l'amore della patria aggredita dal nemico e della moglie lontana, nel caso di Saint-Exupéry.
Ci sono cose che non vediamo e che pure ci guidano, ce ne sono altre che sentiamo soltanto, e malgrado ciò sono per noi più reali degli oggetti che abbiamo davanti e che possiamo toccare.
 
Lassù, su una stella, c'è la rosa che amiamo, unica sebbene confusa tra le migliaia di astri che brillano nel firmamento.
 
Il motore della vita è un meraviglioso e delicato congegno, capace di farci volare molto in alto, e a chiunque può capitare di restare in panne. Perciò quella del Piccolo Principe è una favola universale in cui tutti hanno la capacità di specchiarsi.